ACQUARIUS RACCONTI LIQUIDI CON PANNA

Racconti, poesie, pensieri, prosodie, ricordi e anche immagini, video, musica. Liquidi come possono essere i sogni, la memoria, lo svolgersi dei pensieri, la realtà che sfugge a definizioni e limiti. Con panna perchè è bello essere golosi. Di tutto.

Montaggio creato Bloggif

Sunday, November 22, 2009

The sand and the virtual: special landscapes of my mind...


Qui di seguito il commento di Norman Zoia a Blu-Milano-Marca-beat


Com'è forte il sapore dell'acqua furiosa... prima della privatizzazione! E fra un po' le multinazionali gestiranno anche il silenzio, la libertà, l'illusione!
Norman Zoia

Saturday, November 21, 2009



Non ho acceso nessuna luce. Nemmeno spenta.
Per carità nessuna nebbia o cielo incolore
Per una trentina di pagine No! La dolorosa col velo nero,
che piange sofferti momenti trapiantati.
Non ho alzato veli tende su finestre
- Oh no devono essere per forza opache -
E caffè al mattino e vapori di doccia in box insonnia
Ho solo prestato (erano le due di notte)
La mia vecchia tuta di lurex e le scarpe con le zeppe
bellissima
A Renzo Maria
Eh me l’ha chiesta
Non era timido ed era per un concept party
Guadagna anche 100 eur per 4 ore
Balla bene
Ho singhiozzato perché non ci entro più
La tuta è una 42 come le scarpe che mi entrano ancora
Meno male.
Ahi che dolore mi fa
Samba samba la mia vecchia lurex tuta.
Andata.


Norman said...

Samba samba & salsa salsa & rosa marina. E intanto la tuta come la muta (da sub) e la cieca (di Sorrento, del Salento, del Cilento...) Andata! In fondo siamo tutti un po' andati, un po' malandati... ma bastano alcuni versi, per esempio come questi di Rodolfina, a farci tornare in sé in voi in noi marinai di terra e di stelle, col bavero alzato controvento e in favore della prossima notte che verrà, giù dritta a fior di pelle...
Norman Zoia

BLU MILANO MARCA BEAT POESIE VISIVE PER TUTTI I GIORNI




Sunday, November 15, 2009

Thursday, October 15, 2009

Condivido il comento di Norman Zoia al video Tracce:

una seduta sciamanica. quando la volontà di potenza segue il suo naturale corso. quando il verso non è tracciato dal poeta ma quello dell'onda e della sabbia e di ogni remoto piccolo relitto... una serena marina ruggente

Norman Zoia

7:41 PM

Wednesday, October 14, 2009


TRACCE - FOTOGRAFIE di SERENA D'ARBELA
videowaves di Marfeda
ottobre 20009


Paesaggi di mare, alberi, foglie, sabbia e cielo. Tutte le stagioni e le luci. Il sole e la pioggia.
Il mare, si prende la scena mischiandosi ai rami, alle foglie, ai residui e ai fossili. Ha lasciato le sue tracce sulle radici e sui rami. Sulla sab...bia si riconoscono tracce di volti, segni e profili disegnate per un momento e poi cancellate dall'acqua. Oggetti abbandonati trasformati dalla salsedine. Ferro, stoffa, e altro ancora che sembrano appartenere solo al mare.Paesaggi che cambiano e restano solo nella memoria fotografica mentre il mare ruggisce o si distende catturando i cambiamenti di luce.

Tuesday, October 13, 2009


La mer (Khalil Gibran)


Dans le silence de la nuit alors que s’évanouit
L’éveil des hommes derrière leurs paupières,
La forêt s’écrie : « Je suis la puissance
Que le soleil a fait jaillir du cœur de la terre. »

Cependant la mer reste calme,
Disant en son cœur : « La puissance est à moi. »

Dit le rocher : « Le destin m’a érigé
En édifice jusqu’au jour du Jugement dernier. »

Cependant la mer reste quiète,
Disant en son cœur : « L’édifice est à moi. »

Dit le vent : « Comme je suis étrange,
Séparant le ciel de la brume. »

Cependant la mer demeure calme,
Disant en son cœur : « Le vent est à moi. »

Dit le fleuve : « Comme je suis pur,
Étanchant la soif de la terre. »

Cependant la mer demeure quiète,
Disant en son cœur : « Le fleuve est à moi. »

Dit le mont : « Je resterai élevé
Tant que perdureront les étoiles au sein de l’univers. »

Cependant la mer reste calme,
Disant en son cœur : « Le mont est à moi. »

Dit la pensée : « Je suis la reine,
Et il n’est d’autre reine au monde que moi. »

Cependant la mer demeure assoupie,
Disant dans son sommeil : « Tout est à moi. »

(Khalil Gibran, Merveilles et curiosités, 1923)

Monday, October 12, 2009



Norman Zoia Scettico Blue's due (da Blues 3000 Vernici sonore di un breakformer
videowaves by marfeda

Tuesday, October 06, 2009

Assorto, http//poeta.web

corre il poeta notturno
a passi grandi
su tastiera grigia,
da qualche parte:
un transito
nel chissa' dove
d'un anello radiante,
tra le dita degli altri.
in quale luogo
e lo sguardo di chi
sobbalzera' con ritmo extrasistolico
per dire oh si
e leggere il poeta
insonne
- pensieri da lanciare -
fa parte del gioco
non sapere.

waves by marfeda

SCETTICO BLUE'S DI NORMAN ZOIA
(da BLUES 3000)
VERNICI SONORE DI UN BREAKFORMER
videowaves by marfeda

Monday, September 28, 2009


GHIACCI AMMONIACALI DI NORMAN ZOIA
DA BLUES 3000
VERNICI SONORE DI UN BREAKFORMER

videowaves by marfeda

Wednesday, September 09, 2009



ORA UN FINALE SULLA RIVA

Ora un finale sulla riva,
ora alla terra e alla vita un finale e un addio,
ora Viaggiatore parti, (molto, molto è ancora tenuto in serbo per te)
spesso abbastanza ti sei avventurato sui mari,
cauto incrociando, studiando le carte
ritornando debitamente al porto e agli ormeggi;
ma ora obbedisci al segreto desiderio che hai nutrito nel cuore,
abbraccia i tuoi amici, lascia tutto in ordine,
per non tornare più al porto e agli ormeggi,
parti per la tua crociera senza fine, vecchio Marinaio.

Walt Whitman (dedicata a Valeria D'Arbela)


Sunday, September 06, 2009

Norman Zoia: una mia filastrocca che Susanna Schimperna ha letto venerdì notte a RADIO2, titolo del programma Cattivi Pensieri (proprio pochi minuti prima delle due, c'era Tito Schipa Junior ospite)argomento della trasmissione: 62-72 con omaggio a Fernanda Pivano:

Gli anni del twist e dell'Hully Gully / gli anni dei Beatles e di Grace Kelly / anni di Weoodstock e contestazione / anni della luna e dell'illusione / di minigonne, di nuovelle vague / di Pasolini, Fellini e Godard / del Papa buono, di Marylin / anni di piombo, miele e gin del grande Sogno, dei primi jeans / di Che Guevara e di Luther King gli anni del beat, del rock e del jazz / e quelli in bici con Gimondi e Merchx / gli anni di Nebbia e del suo cabaret / e quelli di Gaber, Battisti e De Andrè / e poi dell'impegno e dell'anarchia / e il cellulare è quello della polizia / anni della mala e di "ma mì ma mì ma mì" / e non era il computer a chiamarsi pc / gli anni di un piccolo astro nascente / Susanna bambina e adolescente / gli anni di Nanda nostra signora / li rivedo passare come fossero ora.
PRIMO FESTIVAL DEL VIALE
Norman Zoia

La musica incontra l'arte, il vino, le associazioni umanitarie sullo stradone alberato che porta alla Madonna dei Miracoli. Un'anteprima all'insegna della musa delle muse aspettando il cinquecentenario dell'Apparizione. Sei gruppi e una big band, dislocati a un centinaio di metri uno dall'altro, per una passeggiata-spettacolo tra stand enogastronomici e di informazione sociale. Inoltre una qualificata mostra fotografica allestita dal Circolo dell'Immagine La Loggia, il tutto open air.


Un pomeriggio contrappuntato dai colori dell'estate che va a scemare e dai suoni di un nutrito drappello di cantanti e strumentisti. Proprio qui, tra i ricci delle castagne matte cadute e le panchine che, con gli alberi, sono le uniche a comprendere i segreti e a trattenerli. Più o meno così sta scritto in coda al pieghevole della manifestazione, a firma Davide Drusian, figura di primo piano tra i blues singers del nordest e anima di questo primo Festival del Viale insieme a Pablo della Omilos e a Francesco Clementi. Lo stesso Drusian, in formazione El Duo col fido Cocco Marinoni, ha fatto vivere a colpi di vecchi pezzi americani uno degli spazi preordinati per questo originale struscio che, per numeri ed energia, nulla ha avuto da invidiare a quelli di Riccione o di Cortina. Il repertorio proposto ha bene accontentato sia il gusto medio-pop sia l'orecchio più esigente. Dalle 17.30 si è andati infatti col jazz di Giovanni Buoro in trio passando per la canzone popolare degli H Storta, dalle danze e l'animazione della Banda del Mago alle hit internazionali di Francesca & Manuel Ziroldo, dalle cover di Bob Dylan rilette dai Saltafossiparlongo fino al ritorno jazzato per un gran finale con la Big Evolution Band nel contesto della Festa del Pesce presso la struttura Avis, nell'area dell'ex macello comunale. Un appuntamento di grande e sentita aggregazione, reso possibile dai molti sostenitori che hanno creduto nell'evento. Special thanks d'obbligo per l'associazione Methanolic, le Cantine Capo di Vigna (Villanova), Rigoni (Malintrada) e Lazzarotto (Lorenzaga). Altri doverosi ringraziamenti per i punti d'informazione e ricreazione organizzati da Greenpeace ed Emergency, Ceod e Protezione Civile, Ludus in Tabula e Amici del Cuore, Bar al Ritrovo, Ristorante al Paradiso di Meduna e City Service. Grazie altresì a Fratelli Bianco Calzature, Termo Tecnica e Pizzeria da Sesto. Molte ancora le forze in campo: le Città di Motta di Livenza e di Oderzo affiancate dai Comuni di Chiarano, Cimadolmo, Fontanelle, Gorgo al Monticano, Mansuè, Meduna di Livenza, Ormelle, Ponte di Piave, San Polo di Piave, Portobuffolè e Salgareda. Cui si aggiungono la Pro Loco e l'Avis mottensi, la Regione del Veneto, l'Aulss 9 di Treviso, Urbanspace, Insieme Si Può, GPS (giovani produttori di significati) e il Ministero della Gioventù (Governo Italiano). La gente ha partecipato fattivamente, non lesinando meritati applausi, suddividendosi e interscambiandosi fra le varie postazioni degli artisti in scena on the road. Afflusso e gradimento con lode. Già si aspetta con una sana voglia la seconda edizione.

Pubblicato da piave in data Sabato, 05 settembre 2009

Saturday, September 05, 2009

Monday, August 31, 2009


MA CHE RAZZA DI MUSICISTI!

di Norman Zoia


Rosita, Francesca, Sebastiano, Manuel, Vinicio, Paolo, Gaudenzio, Natalino... Una lunga teoria targata Ziroldo, una calda partecipazione in libera aggregazione dove requisito principe è l'amore incondizionato per la musa delle muse. E un paio di volte l'anno, in località Malintrada (a Motta di Livenza - Tv) lo spettacolo sodale è assicurato.


Dall'atelier all'ingresso, delimitato da una rigogliosa siepe di gelsomino, le seducenti maschere di ceramica firmate da Roberta Pozza sembrano sorridere ai musicisti che si avvicendano tranquilli dalla pedana erbosa sotto il gazebo. C'è quasi tutta la tribù di pertinenza per il consueto appuntamento-reunion di questa articolata Ziroldo's Art Jam Family, nuovissime leve comprese: una bambina di un anno e mezzo seduta alle tastiere del maestro Manuel e un moccioso di poco più grande che durante il sound check ci infila per bene la vocina nel coro di You Really Got Me, hit storica della favolosa era beat. Ecco che arriva Vinicio Simpathy for the devil, leggendario fondatore della Casa del Sol, iconoclasta per vocazione e vocal entertainer di raro talento. Si piazza di fronte al palco, alla postazione deejay, montata tra fronde e rampicanti, e la stravolge. Ne fa proscenio e stralcio di passerella. Improvvisa un duetto insieme a Francesca Aretha Franci (che dopo il successo del suo primo concerto ufficiale in quel di Motta, tornerà in duo acustico il prossimo 5 settembre all'interno di una multiperformance lungo il Viale della Madonna). Vi si aggiunge a tratti il padre di lei, Paolo, crooner e bluesman di scuola liventina ma di apertura internazionale. Poi, in attesa della performance dei Chinasky, band che annovera in formazione anche Sebastiano, il fratello di Francesca, alla batteria, è ancora la volta di Vinicio il quale dedica a chi scrive un paio di perle pescate direttamente dagli albori di due vecchie storie contrapposte. Si parte con un omaggio a Bob Marley grazie a quella No woman no cry entrata ormai nel nostro respiro. E si va ancora più indietro, dal cortile alla corte di Serge Gainsbourg e a quell'ansimare in coppia con cui Je t'aime moi non plus salutava lo sbarco sulla luna e il mitico raduno di Woodstock. Da qui in poi è un crescendo. Tra un'ombra di verduzzo e una fetta di formaggio campagnolo, il piccolo festival autogestito vede un susseguirsi di proposte che spaziano dal soul al funk alla canzone d'autore al rock & i suoi fratelli, in una visione olistica del pentagramma, quasi inchinandosi ai suoi dolci rumori e ai suoi perfetti silenzi. Uno zoccolo duro di amici ed estimatori nel contesto del quale vi si mescolano altri portavoce di questa meravigliosa realtà, qualcosa che suona come una ZirOld Man River d'estrazione veneziana. C'è il decano Natalino, virtuoso di contrabbasso, ballerino di cha cha cha e figura di primo piano nel Coro Nazionale degli Alpini. Lo accompagnano una splendida matriarca (93 primavere e fonte di discendenza per questa speciale razza di musici e cantori, alla quale viene naturalmente passato il microfono) e Gaudio Gaudenzio, uno dei rari conoscitori e praticanti di Hammond in circolazione da queste parti. A tal punto non si può chiudere che in bellezza, con la figlia di quest'ultimo, l'americana Rosita. deliziosa compositrice-interprete cui dedichiamo un capitolo a parte.

Pubblicato da piave in data Venerdì, 28 agosto 2009




ALMOST... ROSITA ZIROLDO

di Norman Zoia

Tra le sue prossime date qui in terra del Piave, il primo settembre dalle 19.00 all'Adagio Caffè di Castrum Serravalle/Vittorio Veneto e il giorno dopo al Rive Jazz Club di Cartigliano/Bassano del Grappa con inizio alle 20.00. Poi riparte per New York City dove alle 22.00 del giorno 13 torna a esibirsi al Rockwood Music Hall, una sorprendente carrellata di musica doc tratta dal suo secondo cd “Almost... me”.


Suoni pacati, modulati da un'immaginaria viola d'amore. Note solo un filo increspate, accarezzate da un archetto sfrangiato al punto giusto, da dove un vissuto di viaggi & canti viene a trasfigurarsi nella voce distesa eppur raccolta di Rosita. Le sue corde, in gola e nell'amata chitarra acustica, come onde calme foderate d'ambra, come colori del suo essere donna e artista. “Limpida e intensa” scrive la poetessa Daledarb Ferrante in merito alla qualità vocale di Rosie Rosita, stella marinaia depositaria di fascinose partiture vocali che trasportano storie della musica tra l'Europa e gli States. Cappello d'ordinanza, quasi a proteggere i floreali richiami a Frisco nelle vesti e nel cuore, stivali in sensuale stile cow girl, capelli d'avena & orzo di uno scintillìo aranciato che si fonde dentro le sue originali liriche in lingua inglese. Vampate di sax-relax e richiami da sex-Sussex, strumento a tracolla o in spalla, sempre inseguendo la musa delle muse. La matrice aristocratica dal sangue blues passa attraverso riferimenti country e folk-rock, stralci d'omaggi a maestri e vocalist, bianchi e neri, coi quali è cresciuta, insieme alle ruvide atmosfere di Tom Waits rilette però con passo soffiato. E poi tutto uno spazio-attimo articolato tra l'oriente e il mondo celtico, tra echi di Capossela, Bollani e Massive Attack, con punte acide dei plettri a contrastare i toni morbidi del piano e della voce, un ensemble di studio, di scena alternativa e di istintiva personalità legato altresì a grandi nomi, da Vince Tempera a Jovanotti, da Norah Jones a Mark Knopfler. Un operoso tragitto da cogliere con delicata naturalezza, da sviluppare in astrazioni di sintonia. Un work & live in progress. Un suo bel tempo da cantare.

Pubblicato da piave in data Venerdì, 28 agosto 2009

Friday, August 21, 2009


OPERE DI NORMAN ZOIA IN BLU-SOPHY


IN RIVA AL VUOTO

SCRIVEREMO POESIE A 3000 GRADI
PER TOGLIERCI DI DOSSO LE VOGLIE E IL FREDDO
LE CERCHEREMO FUORI DAI CAFFE' LETTERARI
OPPURE IN RIVA AL VUOTO O CANTATE AL VENTO
POESIE DA MACELLO PER CANI E STRACCIONI
POESIE PISCIATE IN BLU PER LE BRUTTE STAGIONI
POESIE CHE SE OCCORRE SANNO ROMPERE... LE CONVENZIONI

LA POESIA STA NASCOSTA SOTTO LE PIETRE E I CEPPI
CONFUSA ALLE FOGLIE SECCHE SCORRE NEI RIGAGNOLI
LA POESIA E' LA BLUTOPIA PER ECCELLENZA
LA POESIA E' RIVOLUZIONE E FA' MIRACOLI!

NORMAN ZOIA

Thursday, August 20, 2009

Wednesday, August 19, 2009


Di NORMAN ZOIA

FINCHÈ C'È MUSICA CHE VA
1969. La Primavera di Praga, sviluppatasi nella stagione precedente, nell'Anno degli Anni per molti di noi, finisce con il sacrificio di Jan Palach. Si chiude a gennaio, come la Preghiera di De Andrè che, giusto trent'anni dopo, sempre a gennaio si troverà di fronte a quella signora morte spesso cantata.
1969. Estate. Viene trovato il corpo di un suonatore di chitarra e di ocarina, di dulcimer e di mille altri strumenti. Come una pietra è rotolato in piscina. Il suo nome è Brian Jones.
1969. Mentre inizia la terza decade di luglio, l'uomo sbarca sulla luna e vi pianta la bandiera americana, quella stessa bandiera che quaggiù i ragazzi bruciano per protesta contro la guerra nel Vietnam.
1969. Ferragosto. Altri ragazzi in divisa portano con gli elicotteri i musicisti sul grande palco montato nella contea di Woodstock. Non c'è altro modo per raggiungerlo perché si aspettavano cinquantamila presenze e ne arrivano dieci volte di più. Non c'è la logica del business. La figura dello sponsor per altro, almeno qui da noi, devono ancora inventarla. Il padre di tutti i Concerti è aperto da un artista di colore, Richie Evans, che proprio in quel contesto, improvvisando fraseggi intorno alla parola “libertà”, fa nascere la leggendaria Freedom. In scaletta, con Joe Cocker, gli Who, Joan Baez, Crosby Still Nash & Young e tanti altri meravigliosi musicisti, anche un latinoamericano, Carlos Santana, che sale sul palco da sconosciuto e vi scende da star mondiale.
1969. Due giorni dopo l'Assunta. Col più politico degli inni, strappato a morsi mancini dalla Stratocaster d'ordinanza, tra simulazioni di esplosioni e vere lacrime, è Jimi Hendrix, un altro muso nero a chiudere la tre giorni di paceamoremusica. Da allora, il disegno della colomba accovacciata sul manico di una chitarra, perfetto simbolo dell'evento, ci rincorre attraverso i fragori di altre guerre, quasi tornasse a chiederci di credere ancora alla libertà di un sogno.
2009. Forse qualcosa sta cambiando. Ecco un altro uomo nero. E' Presidente degli Stati Uniti.
2009. E' come ieri, 17 agosto, che si chiudeva Woodstock. E oggi se ne va Nanda, che con certa America molto ha avuto a che fare, che una certa America proprio lei ce l'ha fatta conoscere. Ma che ha avuto a che fare anche con De Andrè. Come il sottoscritto ha avuto a che fare, seppure in forma minore, e con lei e con lui...
1969. Mi presentavo come Norman Popel all'epoca.
1979. Da allora ho ripreso il cognome anagrafico: Zoia. Però firmerei volentieri questo piccolo resoconto con: Noi che veniamo dal '68, ma che poi saremmo venuti bene anche dal '69!*

*Brian Adams, nella sua Summer of '69, racconta della gran passione per la musica e della sua prima band. Nel libero adattamento in italiano, che ho curato per i Vanadium (anche se poi il pezzo non è stato incluso nel cd NEL CUORE DEL CAOS per un problema di permessi), ci ho volontariamente inserito il seguente verso: “Nelle cantine a rifare / Jimi che non muore mai...”. E il pezzo l'ho chiamato Finché c'è musica che va...



Woodstock compie 40 anni, come uno dei tanti bimbi nati in quei giorni, tra pioggia, sole, sorrisi, gioia e tanta musica in quel meraviglioso e lontano agosto 1969, mentre i Ten Years After tuonavano I'm going home, Jimi Hendrix scarrellava rapido sulle corde Purple haze e Joe Cocker srotolava la sua voce ruggente in With a litle help from my fiends. Qualche nome a nome di tutti i grandi presenti. Alcuni non ci sono più. Caduti giù dal burrone, spinti oltre il limite della loro stessa vita alla ricerca della verità. Altri sono cambiati. In quel 1969 tutto era possibile.




Monday, August 17, 2009




di NORMAN ZOIA

L'estate è la stagione in cui spesso molte cose si stravolgono. TrevisoSette augura buone vacanze ai suoi lettori con un racconto strambo di Norman Zoia (un gioco di ossimori, via di mezzo tra l'esercizio di varietà, il divertissement-non sense e l'affabulatoria dissuasione)

ALLA CORTE DEI MIRACOLI ORDINARI

C'è aria bassa a Fossalta / E fa' scuro a Chiarano
Niente mulinelli a Gorgo / E neanche una latrina a Lutrano”

A Capo di Buona Sventura, paese del ghiaccio fiammante dove si festeggia San Peccatore, ciclopi nani e gnomi giganti affrontano i fianchi della vita che scorre tra normali stranezze, dolci amarezze, ruvide carezze... Tutti però assiepati con gran spirito di corpo in uno stabile pericolante ai confini del niente. Guardiano della comunità, ubicata in un affossato promontorio, è un sordocieco. Il suo nome è Mortimer e ha l'argento vivo addosso. Egli è molto legato al patrigno Libero che però da molti anni sta all'Ucciardone. Il suo parentado è comunque alquanto esteso, quindi all'insegna di un'affollatissima solitudine. C'è la cognata Assunta che è disoccupata, la zia Incoronata che fa' la barbona, la sorella Catena (una senza legami), l'amica Nunzia (mai che riporti qualche novità!), la nuora Immacolata che fa' la squillo... Poi ancora Ottone con la faccia di bronzo, Primo che arriva sempre ultimo, la sorellastra Addolorata che ride per ogni pisciata di gatto, anzi di gàttopo, il caliente Gelindo e la pallida Viola, Guerrino il pacifista e Pacifico il guerrafondaio... E così via all'arrivo! Per il resto è una grande piccola tribù nella quale tutti i membri discendono dal vecchio marinaio Silvano e dalla sua compagna Selvaggia, una delle prime vigilesse urbane della storia geografica. Nell'attuale organico tribale c'è Felice, perennemente depresso. E c'è Serena, sempre abbastanza angosciata. Per non parlare di Gioia, Allegra, Viviana, Gaia e Feliciana che fanno le prèfiche di lavoro. Poi abbiamo Diletta, una vera professionista, che divide l'ufficio con Giorgia, una che ha lasciato una situazione florida in Oklahoma. Alla reception per lo più ci sta Tristano per via del suo sorriso stampato. Concetto svolge attività di manovalanza, così pure Guido ché non ha mai conseguito la patente. A tale proposito, che dire di Franco? Un bugiardo patentato! O del prozio americano Misery che è ricco sfondato? Quindi c'è Marco, gioca al calcio nel ruolo di attaccante. E il consuocero Olivo, lui vota per il Polo... E ancora via via, tutta una teoria di affini contrariati o misantropi sodali. Ebbene, Rossana ha l'itterizia, Chiara è scura in volto, Vanessa pare una blatta e Linda è sporca lurida. Il nipotino Angelo è un vero demonio, il cuginetto Lupo... eh beh, un agnellino. Rosa pare un cardo, Ilaria è più incupita che mai. Marina si è trasferita a Saint Moritz. Ondina ha continuamente la testa nelle nuvole. Per fortuna Barbara è assai civilizzata, Luna ha un bel carattere solare. Maria Sole invece è lunatica, Giacinto dorme in piedi come i cavalli, Clara opera nello spettacolo ma è un'illustre sconosciuta. Fulgenzio poi ha quello sguardo opaco, ahimè! E più sgarbate di sua moglie Grazia non ce n'è. Per finire: Nereo è un albino. Bruno è biondo. Blondye è castano scura... Ma il vero simbolo di Buona Sventura è Modesto che fa' lo sboròne con tutti, per tutta la montagnosa pianura. Infatti canterella di continuo, ma su una nota sola: “Respira questo iodio alpestre / spàlmati del burro di malga marittima / vivi il tuo brivido bollente / in questa pampa montana!” Intanto Stella e Lucetta, con l'espressione spenta, servono ai tavoli (pardòn!, agli sgabelli) della Locanda Gitana.





"In Your Eyes" di Peter Gabriel

Love I get so lost, sometimes
days pass and this emptiness fills my heart
when I want to run away
I drive off in my car
but whichever way I go
I come back to the place you are

all my instincts, they return
and the grand facade, so soon will burn
without a noise, without my pride
I reach out from the inside

in your eyes
the light the heat
in your eyes
I am complete
in your eyes
I see the doorway to a thousand churches
in your eyes
the resolution of all the fruitless searches
in your eyes
I see the light and the heat
in your eyes
oh, I want to be that complete
I want to touch the light
the heat I see in your eyes

love, I don't like to see so much pain
so much wasted and this moment keeps slipping away
I get so tired of working so hard for our survival
I look to the time with you to keep me awake and alive

and all my instincts, they return
and the grand facade, so soon will burn
without a noise, without my pride
I reach out from the inside

in your eyes
the light the heat
in your eyes
I am complete
in your eyes
I see the doorway to a thousand churches
in your eyes
the resolution of all the fruitless searches
in your eyes
I see the light and the heat
in your eyes
oh, I want to be that complete
I want to touch the light,
the heat I see in your eyes
in your eyes in your eyes
in your eyes in your eyes
in your eyes in your eyes

Thursday, July 30, 2009


Dal Taccuino fotografico VENEZIA LIQUID STORIES di Marfeda

(Dal taccuino fotografico Wooden Parts di Marfeda)


SONO A ROMA PER IL PRIMO MAGGIO.. (racconto)

Ce l’ho fatta. Sono a Roma per il primo maggio. Andrò al concerto a piazza San Giovanni. Sotto le scarpe ho il pavimento della stazione Termini e i pilastri di pietra grigia mi sfilano ai lati. Che bello sembra che siano lì per salutarmi. La Stazione è una centrifuga di braccia gambe facce saluti e richiami: incespico tra tutte quelle valige a rotelle e borsoni maneggiati con slancio da una spalla all’altra. Ho fame ma devo risparmiare. Non ho molti soldi: per pagarmi il viaggio ho dovuto mettere insieme anche un paio di prestiti. Mi comprerò un bel pezzo di pizza rossa.
Dietro via XX Settembre c’è una gastronomia che sforna prelibatezze e costa poco. Mi sembra strano non incontrare subito qualcuno di conosciuto lì in mezzo a tutta la gente. Continuo a guardare i volti aspettando con ansia di riconoscerne uno abbracciarlo. Ma sono tutti estranei. Sento salire una sottile bolla da dentro lo stomaco, densa di angoscia. Poi mi passa perché fuori c’è un sole magnifico e la luce arriva a ondate come riflettori in movimento lungo l’ampio rettangolo che porta all’uscita. Appena fuori cerco gli occhiali da sole. Davanti a me c’e’ una costruzione grigia scura che svetta da dietro una casa più bassa gialla. Sembra una montagna controluce. Di nuovo quella sensazione buia di peso addosso, guardando al di là dell’isolato. Svicolo tra le bancarelle, mi distraggo, sposto i pensieri come se li prendessi con le dite e li appoggiassi dietro di me e mi dirigo spedita verso il cibo. Non c’è da aspettare: mi impacchettano la pizza, profumata e calda in una carta da pane marrone. Compro anche dell’acqua ed esco quasi danzando dal negozio. Non mi manca nulla. Ho tutto. Una frenesia pulsante in corpo, come un guizzo sotto la pelle che si accorda al battito del cuore. Mi sento forte, mi metto a camminare, giro veloce la testa da una parte all’altra, le gambe si sollevano senza peso. Tra poco arriverò in piazza. Alla fermata dell’autobus vedo un gruppo di ragazzi con bandiere coi colori della pace. Sorrido, aprendo la bocca, con gli occhi che scintillano. Va bene il 724 chiedo per San Giovanni? Si si mi fanno loro e si rimettono a parlare fitto. Continuo a sorridere beatamente. Loro sono molto occupati con le loro bandiere, stanno prendendo accordi e mi ignorano. Sull’autobus c’è una signora carica di sporte e sacchetti. Parla da sola. Canta la canzone del Piave. Il piave mormorò, il piave mormorò… vai fuori dai coglion.. vai fuori dai coglion.. Una libera interpretazione. Penso e mi diverte. Vorrei commentare ma intorno tutti guardano fisso davanti a sé e l’autista la zittisce con uno aho ma statte bona. Però mi fa pena. Guardo i sacchetti consumati, ai lati e lungo le maniglie, scoloriti, da cui quasi straborda una confusione di oggetti irriconoscibili. Ha l’aria di chi ha dormito male, le borse sotto gli occhi, dei segni neri sotto le orbite. E’ grassa e la pelle ha ceduto alla vita in strada. E’ flaccida e spenta. Mi verrebbe di chiederle di venire anche lei al concerto. Dirle: “Sa pensavo di non farcela a venire qui. Fino all’ultimo sembrava proprio impossibile, non mi volevano far partire..” Ma non dico niente perché mi sento stupida e insieme comincio a provare repulsione. Nel frattempo l’autobus si è riempito di altre bandiere colorate, rosse e di striscioni scritti: Un primo maggio per il lavoro. Basta con le morti bianche. Il lavoro è un diritto. Basta con il precariato. E mi dimentico della donna. Mi scordo di tutto. La mia pizza schiacciata nella borsa a tracolla mi comunica tutto il suo calore contro la coscia. Quando scendo, sono ancora lontana da San Giovanni, la fermata è stata spostata, in una via laterale. E quando entro la piazza è già colma di folla. Cerco ancora facce conosciute. Troverò prima o poi qualche amico mi dico. Impossibile che in mezzo a tutte queste persone non incontri un amico. Ma niente. Sono tanti, siamo tanti, che importa ,mi dico sono qui ce l’ho fatta. Arriva Khaled sul palco, e i tamburi di Portici cominciano a suonare e cantare. E’ una piazza immensa. Quante volte, in questi ultimi anni l’ho vista seduta in poltrona alla tivvù, con lo stomaco attorcigliato in uno spasimo di felicità e una inconfessata soffusa tristezza per non essere lì. E dal salotto ho cantato, e gridato iuhu iuhu , stando attenta a non disturbare i vicini a causa del volume alto.
Khaled con i tamburi di Portici attaccano a suonare e cantare. In mezzo, spintonata e rimbalzata vedo Napoli e il Magreb lisciare e rullare le percussioni infilandosi tra le voci. Poi gira il palco e salgono Mauro Pagani e il Supergruppo con i pezzi dei King Crimsom e dei Rolling Stones . Poi Daniele Silvestri intona i Beatles Paperback writer e la Paranza sanremese, “una danza, una danza che si balla nella latitanza con prudenza, eleganza …” Si alzano tutti i piedi e le mani della piazza. Oscillano le teste davanti e ai miei lati . Le Vibrazioni. Gli Afterhours. Assordante. Ho la sensazione di bere, con tutto il corpo. Mi sento urlare con tutto il fiato. Iuhu iuhu. Un prodigioso salto in avanti nel tempo e indietro per me che ho persino lasciato a casa il bastone e non mi serve. Non mi serve, non ne ho avuto bisogno. A settantanni in questa piazza. I ricordi amari di questa città messi in un sacchetto e buttati via in un cestino della Stazione. La malattia e l’agonia di mia madre, che abitava proprio a pochi passi da lì, dietro quell’isolato della casa gialla. E la mia vita di pensionata piuttosto povera, con amici pensionati depressi dal caro vita. E’ un sogno all’incontrario, come sta cantando Paolo Rossi, il sogno di prolungare il sogno. Che tutto cambierà, si tutto cambierà e ci fermeremo per strada con un largo sorriso. Oh my darling oh don’t you cry for me… mia cara non piangere per me. Non vi preoccupate per me amici che mi avete sconsigliato di partire. Io sono qui. E sto bene. E stanotte riprenderò il treno della notte, gli interciy che costano meno così risparmio. Mangerò l’ultimo pezzo di pizza, guardando sfilare i pali della luce e i puntini luminosi fuori dal finestrino, accomodata sul sedile allungabile e sfondato del treno. Fino al momento in cui mi piomberà il sonno sugli occhi.

Tuesday, July 28, 2009


La locandina di uno spettacolo del 1970, tenuto al Teatro dell'Arte a Milano. Come dire che la storia della musica è anche questo: tante parti colorate, forti, d'un grande affresco collettivo d'arte e di passione
Scrive Norman Zoia:

A proposito di Claudio Rocchi, abbiamo fatto uno spettacolo al Teatro dell'Arte nel 1970 e fu proprio lui con alcune sue amiche a fare la coreografia per la mia canzone dedicata a Brian Jones, è stato uno spettacolo più che innovativoe principalmente lo si è dovuto alla lungimiranza del direttore artistico di allora, pensa un po': Cino Tortorella ..

Sunday, July 26, 2009


TUTTIFRUTTI dell'artista performer NORMAN ZOIA (tecnica mista: olio su tela del 1993, trattato con craquelè nel 1994 e rielaborato in digitale nel 1996).

Friday, July 24, 2009




IL MARE
IN ETERNA PAZIENZA
ASCOLTA PENSIERI
INUTILI
CHE PAIONO IMMENSI
E AVVOLGE
LE COSCIENZE ALLA DERIVA.

Wednesday, July 22, 2009

Saturday, June 20, 2009








...nelle silenziose notti d'estate
di tanto in tanto
si incontrano volti
che indossano un sorriso
dolce e privo di
apparenti ragioni
sembrano lucciole
a illuminare i giardini
appena addormentati...

Wednesday, June 17, 2009


...è caldo il vento ma non accarezza la pelle,
scalda gli occhi e asciuga i pensieri.
L'arsura li copre di polvere..
Il mare canta e canta chiamando
per sedare la sete del corpo..."