ACQUARIUS RACCONTI LIQUIDI CON PANNA

Racconti, poesie, pensieri, prosodie, ricordi e anche immagini, video, musica. Liquidi come possono essere i sogni, la memoria, lo svolgersi dei pensieri, la realtà che sfugge a definizioni e limiti. Con panna perchè è bello essere golosi. Di tutto.

Montaggio creato Bloggif

Thursday, September 30, 2010

ACQUARIUS STORYTELLER TOUR - QUINTA FERMATA:
SANTA GIULIA ..."IN A DREAM" .. affacciata sul mare degli ALBERONI A LIDO DI VENEZIA .... oggetti abbandonati come installazioni, sulla riva di amianto..



Saturday, September 25, 2010

ACQUARIUS STORYTELLER TOUR - QUARTA FERMATA BREDA E CINISELLO BALSAMO : FIORI SULLA TOMBA DI FAMIGLIA

Alla fermata del bus 728 incontro Giovanni Pietro. E' abbronzato. Quel colore bruno-biscotto, sano. La pelle scura di chi sta al mare tutto l'anno. Sta aspettando insieme a me, in mezzo al fermento di un continuo flusso di persone, alla ricerca del proprio mezzo di trasporto. Tutti gli autobus sono stati deviati su percorsi alternativi. Il fiume Seveso è straripato e la metropolitana è allagata. La stazione Centrale, continua a rilasciare dalla sua grande bocca, a ondate, gruppi di individui frettolosi e frenetici, dagli sguardi saettanti e nervosi. Anche Giovanni Pietro ed io siamo in ansia, per il ritardo del nostro autobus. Parlo per prima e gli chiedo speranzosa se sta aspettando il 728. Annuisce. Poi squilla il suo cellulare e risponde. Ha la erre moscia e attacca improvvisamente a parlare con il suo interlocutore, in un improbabile dialetto milanese. E' strano sentirlo parlare con questa erre francese, che irrompe nelle gutturali del vernacolo. E' come far posto su di una tavola apparecchiata con vino, gorgonzola, polenta e racconti operai ad una concitata versione teatrale dialettale, di chi non è più abituato a questa lingua. Ha le mani adornate di coloratissimi e grandissimi anelli indiani, ciabatte marocchine ai piedi e un sobrio giubbetto di camoscio marrone dal colletto di maglia. Uno strano insieme di stili diversi, non casuale. Ma è elegante a modo suo. Un artista penso. Un pittore.
Ti aspetteresti da lui, quella cadenza ligure, che pare una canzone e una filastrocca. Ma Giovanni Pietro è di Cinisello Balsamo e si presenta. Mi spiega che starà a Milano per poche ore, il minimo necessario, prima si scappare via. Giusto il tempo di visitare la tomba di famiglia e incontrarsi con un parente con il quale ha appuntamento. La persona con la quale ha appena parlato al telefono. E' pensionato e comincia a raccontarmi di aver perso i genitori e di essere rimasto solo. I genitori sepolti ad Andora. I nonni nella vecchia Cinisello, nel mausoleo di famiglia che i parenti rimasti curano e riempiono di fiori. Saliamo sull'autobus e gli fornisco informazioni circa la mia gamba malandata e le cure ospedaliere che, mi costringono a questo itinerario tutti i giorni, attraverso la città. Sono contenta di viaggiare con lui, sul grande autobus a due vagoni. Mi sento protetta dalla sua inarrestabile voglia di raccontare. Scopro in quel momento esatto, quanto un essere umano possa riempire il vuoto di una intera città, ansante, arrabbiata e ostile. I palazzi algidi e di apparente edilizia economica, del quartiere Bicocca, i grandi archi rossi che sovrastano cortili deserti. Un quartiere che somiglia ad un modellino per studi di architettura, con abitanti fantasma. Poco prima, avevo avvertito una sensazione di profonda paura e dolore, per una città che non ammette debolezza. Mi consola condividere, questa specie di odio per Milano con Giovanni Pietro, che si guarda intorno infastidito dalle auto, gas di scarico e desolante caos e mi racconta di quanti fiori ci siano sulle tombe dei suoi genitori in Liguria e nel mausoleo di famiglia a Cinisello. Gerani. Tante specie. Quelli scarlatti, neri,bordeaux, non di colore chiaro e slavato perché non gli piacciono. Nemmeno bianchi. Gerbere, giaggioli e margherite grosse come bombe, vasi di piante che in Liguria costano poco e durano tanto. Dipinge nell'aria il cielo chiaro di Andora, anche quando piove e la moto per spostarsi a Imperia. Forse troppa gente di Milano, arrivata lì, davanti al mare, che nel tempo si è comprata una seconda casa. Accompagna le descrizioni dei fiori con le sue mani inanellate, al mignolo, all'indice, al medio. Grosse pietre come confetti lucidi, ai sapori di menta o fragola. Lo richiama il parente e Giovanni Pietro ricomincia a parlare in milanese: ormai prenderà il treno delle 14 per tornare a casa. Si è fatto tardi a causa del traffico. E' stato invitato a pranzo ma non si fermerà per assaggiare le polpette, "i mundeghili" preparati per l'occasione. Non tornerà più a Milano. Ha tenuto fede alla promessa giurata alla madre, di sistemare la faccenda della tomba di famiglia, una volta per tutte. E d'ora in poi ci sarà chi metterà sempre i fiori. In ogni ricorrenza . Si è accordato con i cugini. Ha regalato loro, due posti nel mausoleo di famiglia, in cambio di una devota cura floreale. Per non tornare più a Cinisello. Non viaggiare in novembre per il giorno dei morti con il cielo grigio ferro e il freddo appiccicoso della pianura padana.
Il racconto si interrompe, come smettere di leggere, quando la tua attenzione è tesa al massimo verso il finale. Sono arrivata. Scendo incerta, davanti ai cancelli della Breda: grandi, che si aprono sul viale che portava alla fabbrica. Intorno appartamenti, appartamenti in costruzione e case classe A. Criteri energetici ecosostenibili. Loft, che mangiano la terra della fabbrica, divorano le vecchie costruzioni e promettono la casa del futuro. Una specie di felicità annunciata di mattoni e piastrelle e lunghe file di balconi di metallo. Mucchi come colline nere di calcinacci, pietre e gru ronzanti. Saluto quel viale ogni mattina, come un omaggio, una preghiera silenziosa davanti alle rovine di un tempio. Fa' che la città risorga. Che non venga sommersa dal fango del Seveso. Che non venga cancellata dalla totale assenza di un' identità. Dalla mancanza di pensiero, di fantasia e di lavoro. Fa che si riscopra il desiderio di condividere qualcosa. A chi io mi rivolga, ogni mattina, non so. Ma ho bisogno di recitare il mio personale mantra, come una manciata di sogni, mentre zoppicando raggiungo l'ospedale nascosto dalle mura alte.
Non rivedrò mai più Giovanni Pietro che, tra poche ore, mentre starò tornando a casa, lascerà Milano. Soffro per questo. Perché ci si incontra casualmente e poi non ci si vedrà mai più e quel mai più è un po' come morire.

Sunday, September 19, 2010

ACQUARIUS STORY TELLER TOUR FERMATA HANGAR BICOCCA

Hangar Bicocca: le installazioni "I sette palazzi celesti" di Anselm Kiefer
e"Personnes " di Christian Boltanski



Un video dedicato all' installazione di Anselm Kiefer "I sette Palazzi Celesti" e all' installazione di Christian Boltaski "Personnes" , viste entrambe nello spazio Hangar Bicocca di Milano. L'installazione di Boltanski, creata per lo spazio hangar Bicocca è diversa e ridotta rispetto alla mostra tenuta al Grand Palais di Parigi.
Il mio è un omaggio a queste due installazioni, ai due artisti, che rappresentano in modo diverso, temi legati alla memoria, alla vita e la morte, alla spiritualità e la sacralità e all'uomo.
La musica è un mix che contiene il brano "Particule", dall'album " L'autre endroit" dell'artista Silence: http://www.jamendo.com/it/search/all/...
Video di Marfeda

Thursday, September 16, 2010

ACQUARIUS STORY TELLER TOUR: SECONDA FERMATA
TERRA DI NESSUNO: DAVANTI AD UNA TAZZA DI TE.

Si preparò una tazza di te scuro al miele e limone. Scaldò la teiera con abbondante acqua bollente. Scaldò anche la tazza. Aspettò con pazienza che le molecole di maiolica inglese prendessero tutto il calore necessario ad accogliere il te, mantenendone la temperatura. Versò l'acqua nella teiera, dove giacevano lucide, le foglie di te appena liberate a pioggia leggera. E attese. Aspettò, seduto in silenzio. Che le foglie sprigionassero l'aroma e il profumo. Attese che le foglie si lasciassero andare, rilassate e permeate d'acqua.
Respirò in assoluto silenzio. Inspirare, espirare. Come una foglia che galleggia nel buio accogliente della teiera. Mise il te nella tazza, come un esile rivolo fumante, attraverso il colino. Si avvicinò con la sedia al tavolo, composto, la schiena dritta, gli occhi alla tazza, piena di liquido scuro dorato. Poi prese il miele e lo fece scivolare piano, mescolando lentamente. Con le pinzette prelevò la fettina di limone dal piattino, appena tagliata, bagnata di succo e brillante di luce gialla.
Respirò e socchiuse gli occhi. Pensò a tutte le piantagioni di te. Immense, lunghe distese di piantagioni di te, verdi e lussureggianti. Luoghi mai visitati, perchè aveva paura di prendere un aereo e partire. Volare. Guardare dall'alto e oltrepassare il suo piccolo salotto. I libri accatastati. Le lezioni con gli allievi distratti. Le passeggiate verso l'agenzia di viaggi, nella quale non era mai entrato: giusto uno sguardo alla vetrina, per controllare, se per caso avesse cambiato i manifesti con i luoghi di vacanza da prenotare subito.
Prese la tazza per il sottile manico lavorato. Un piccolo gioiello fragile ed elegante, bianco a fiori blu chiaro. E bevve. Bevve nella tazza, nella quale,tutta la sua famiglia aveva bevuto. Aveva sorseggiato silenziosamente il liquido d'oro .Pensando a tutto. Parlando di tutto. Fuorchè delle piantagioni di te.
Bevve a piccoli sorsi piano piano. La centenaria tazza di te bollente.
Sentì il liquido caldo aromatico, scendere giu giu, dalla sua gola, verso le viscere, in un viaggio in discesa, come sulle rapide. Il nettare delle piantagioni di te.
Poi si alzò e a piccoli passi, impugnando il bastone come prender sottobraccio un amico si diresse verso la poltrona del salotto viola sbiadito, posta davanti alla finestra, socchiusa, che guarda verso l'autostrada A4. Quella che porta anche al mare. Ma non alle piantagioni di te.
Pensò: " Chissà se stasera mi telefonerà qualcuno."